Vince a mani basse contro le ormai superate polizze classiche perchè fa bene subito e senza effetti collaterali. Tutelando dipendenti, imprenditore e familiari.
Un italiano su due sta facendo seriamente i conti con la necessità di un cambio del proprio stile di vita. Tutta colpa dell’inflazione, che non molla la presa e continua a erodere il potere d’acquisto delle famiglie imponendo rinunce e sacrifici.
Fortunatamente la stragrande maggioranza della popolazione ha a cuore la propria salute, tanto da non aver alcuna intenzione di tagliare le voci di spesa correlate alle cure e alle attenzioni verso di sé. Ma nonostante i buoni propositi il 54% dei nostri connazionali non ha effettuato nessun esame di prevenzione nell’ultimo anno, e solo il 41% fa una corretta prevenzione attiva.
Sono solo alcuni dei dati emersi nell’annuale Osservatorio sanità di Unisalute, l’indagine pensata in collaborazione con l’istituto di ricerca Nomisma per monitorare l’evoluzione del rapporto tra i consumatori e i temi legati alla salute e al welfare.
In sintesi la combo tra aumenti dei prezzi e rincari energetici sta facendo sentire eccome il proprio peso sui bilanci familiari, ma fortunatamente resta alta la sensibilità all’importanza di non trascurare il proprio benessere. Anche se non tutti ci riescono.
L’ostacolo più grande: l’accesso alle cure
Insomma, sappiamo quanto conti vivere bene e ci è chiaro che il nostro stato di forma va difeso con tutte le nostre forze. Ma perché non lo facciamo? Risposta quasi scontata: la difficoltà di accesso alle cure.
Chi non si controlla per il 20% dei casi dà la colpa ai tempi d’attesa troppo lunghi della sanità pubblica, mentre nel 19% dei casi sono i costi del privato a essere proibitivi. Poi naturalmente impatta anche una scarsa cultura della prevenzione. In altre parole: pur sapendo quanto conti essere in salute e curarsi, quasi un italiano su tre si rivolge al medico solo se effettivamente si sente poco bene o manifesta qualche sintomo.
«Da un lato ci sono certamente i limiti reali del nostro sistema sanitario – spiega Matteo Pasetti, titolare Unipasetti Welfare -. Dall’altro però impatta molto il percepito legato al tipo di racconto fatto quotidianamente dai media, che finisce per generare sfiducia scoraggiando le persone dal rivolgersi alle strutture giuste, o portandole a ritardare la “noia” il più possibile. In realtà esistono strumenti molto efficaci per spianare la strada verso il benessere duraturo, immediati, efficaci ed economicamente sostenibili».
Welfare sanitario e polizze sanitarie
Dal mondo assicurativo arriva il sostegno più importante in questa sfida sociale per un benessere condiviso e accessibile. Anche se non tutti gli strumenti sono uguali. Già dagli anni ‘80, per esempio, si sono diffuse le polizze sanitarie integrative.
Ossia strumenti di copertura a carico del singolo in grado di offrire una serie di servizi e garanzie aggiuntive per realizzare un vero e proprio piano salute per accedere a prestazioni mediche con tempistiche più brevi in strutture private, interventi e controlli a condizioni agevolate e importanti rimborsi in caso di imprevisti.
Dalla loro nascita le polizze sanitarie integrative si sono ampliate e anche in parte evolute, ma il loro impianto di base è rimasto pressochè invariato.
Un prodotto invece molto più interessante (e appetibile) affermatosi più di recente sul mercato è invece il welfare sanitario.
In questo caso parliamo di una disposizione che interessa la relazione tra dipendenti e imprenditori, ma può coinvolgere in modo estensivo anche i familiari garantendo le stesse opportunità delle polizze sanitarie però costando molto meno e portando molti vantaggi in più.
Come funziona il welfare sanitario e perché è vincente
Il welfare sanitario è una disciplina che va attivata all’interno della singola azienda tramite un accordo che coinvolge dipendenti e datori di lavoro. In buona sostanza l’impresa investe in coperture per il riconoscimento della tutela della salute del personale (estendibili naturalmente anche agli amministratori e ai loro familiari) e questo investimento si traduce in importanti vantaggi fiscali condivisi.
Con il risultato che per tutti è come avere una polizza sanitaria, ma in modo decisamente più vantaggioso.
Le principali differenze tra i due prodotti sono sostanzialmente tre:
- Le polizze sanitarie garantiscono premi e coperture economicamente consistenti, ma hanno costi elevati perché in qualche modo commisurati a questo potenziale di copertura.
- Le polizze sanitarie non sono deducibili, mentre il welfare sanitario è deducibile sia come costo aziendale che come voce per il singolo dipendente interessato.
- Le polizze sanitarie sono uno dei parametri rilevanti ai fini del redditometro, cioè lo strumento attraverso il quale il Fisco valuta le posizioni fiscali dei contribuenti.
«Tutte queste caratteristiche – continua Pasetti – fanno decisamente pendere l’ago della bilancia dei vantaggi dalla parte del welfare sanitario, proprio perché vincono tutti. L’azienda riconosce al dipendente un benefit di grande appeal, soprattutto in un periodo storico come questo, come abbiamo visto. E nel frattempo tutti, dai dipendenti agli amministratori, compresi i familiari, possono assicurarsi importanti coperture in caso di malattie o infortuni, ma anche per le semplici attività di prevenzione».
Welfare sanitario, uno strumento… socialmente responsabile
L’aspetto del risparmio fiscale, con la possibilità di abbattere il costo del lavoro del 36%, non è secondario ma rappresenta il fattore più materiale dell’intera questione.
In realtà il welfare sanitario è un vero investimento vincente dal punto di vista della responsabilità sociale.
Lo abbiamo detto, la sanità pubblica fatica a tenere il ritmo dei bisogni di una popolazione spesso fragile, e la via privata può avere costi difficili da sostenere specie con queste congiunture economiche.
E una misura che arrivi dalle aziende, ossia la “seconda famiglia” di ogni lavoratore o imprenditore è certamente un bellissimo messaggio, verso un nuovo modello di lavoro capace realmente di prendersi cura delle sue risorse: le persone.
«Oggi è possibile realizzare piani personalizzati – conclude Pasetti – capaci di integrare i fondi base già previsti dai contratti di categoria dando risposte davvero ritagliate sulla misura dei bisogni, delle caratteristiche e delle aspettative di tutte le risorse che contribuiscono ogni giorno al successo dell’azienda. C’è bisogno di più consapevolezza, questo sì. E il nostro impegno va esattamente in questa direzione: grazie al welfare, insieme, possiamo davvero fare tanto per rendere lavoro e salute un binomio sinonimo di successo».